Mouse, tastiera e kevlar
Robson Filho Colodeti
UCC Phone
Immagina di svegliarti un giorno per far colazione e prepararti per il lavoro. Poi, invece di andare al lavoro, prendi in mano un completo in kevlar, un casco altrettanto resistente e pesante, le munizioni e il fucile, sali su un camion dell’esercito, prendi il tuo smartphone, scatti una foto e la metti su Linkedin raccontando che hai scambiato la tastiera per il fucile, la scrivania per la terra umida e la scrittura di software per la protezione di una città.
Sei incurante dell’impatto che potrebbe avere quella foto, ma hai colpito una persona, non a morte, ma con amore dritto in fondo all’anima. Dal confine fino a casa di questa persona che hai colpito ci sono almeno 1.500 km di strada e tu non sai nemmeno che esiste.
Immagina poi che questa persona non riesca a lavorare perché pensa continuamente a te, deve dirti semplicemente che esiste ancora una Via, una Verità e una Vita da seguire, che non devi mollare e comincia ad elaborare un piano per darti questa notizia.
Il mio Manager senza tentennare mi ha dato le ferie
Adesso passiamo alla prospettiva di quella persona che non è in guerra, ma che sta prendendo la tastiera invece del fucile, i vestiti comodi in cotone al posto del kevlar, un berretto invece del casco e la scrivania invece della terra umida. Ti armi di telefono e mandi un messaggio ad un’associazione umanitaria che conosci da tempo, prontamente rispondono che si stanno attrezzando, ma non sanno ancora quando, dove e come agiranno. Dai la tua disponibilità e aspetti quindi un riscontro che arriva la mattina dopo: “Parti lunedì per il confine”, ti dicono.
Ti ricordi allora di telefonare al tuo Manager, ma la decisione è già presa perché ormai ci andrai comunque anche a costo di rinunciare al tuo lavoro. Lui senza tentennare un attimo, nonostante la mancanza di preavviso e la chiamata alle otto di sera di domenica, ti informa che non ci sono problemi, ti darà le ferie. Una settimana pensi che sarà sufficiente e dici “Grazie mille, torno lunedì prossimo”. Anche se sai che potresti non tornare, perché non sai cosa ti aspetta in questo luogo a 1.500 km di distanza da casa.
L’Azienda ti ha dato il nulla osta! Parti sperando di tornare. Trentatré ore e mezza dopo arrivi in Romania, vicino a Siret, al confine con l’Ucraina, fai ogni cosa che ti dicono, aiuti ma non è abbastanza, arrivano persone e ne perdi il conto, arrivano macchine, furgoni e autobus civili che portano moltitudini, folle. Arriva qualche mezzo della polizia e dell’esercito che non porta soldati, ma nonne, bambini e donne, che non portano fucili e munizioni, ma valigie e giocattoli, gli unici a poter uscire dal Paese.
GPS e 4G sono fondamentali per gli spostamenti e le comunicazioni tra il tuo gruppo e la base, hanno funzionato
Ti dicono allora che c’è bisogno di varcare il confine, c’è bisogno di medicine e di un abbraccio. Parti di nuovo, chiami il Manager e gli dici “Ciao, sto andando in Ucraina adesso, si può fare qualcosa per avere internet e voce lì?”, risponde che cercherà di fare il possibile. E l’Azienda un’altra volta sorprende, varie persone si riuniscono per decidere in meno di venti minuti di abilitare il roaming in zona di guerra sulla tua SIM, varcato il confine il tuo telefono è l’unico a funzionare tra i telefoni dei volontari presenti, attivi il GPS ed il roaming, ricevi un SMS di benvenuto in Ucraina da parte di Vianova.
Cinque ore dopo sei a destinazione, Vinnytsia, dai le medicine, dai il tuo abbraccio che forse pesa più delle scatole di medicinali, dici appunto che c’è ancora una Via, una Verità e una Vita da seguire come ti eri promesso prima di uscire di casa, ma alla fine dei conti puoi stare veramente poco. C’è la possibilità che fermino tutto a causa del coprifuoco, parti ancora e 5 ore dopo sei al confine un’altra volta, il GPS ed il 4G hanno funzionato, fondamentali per gli spostamenti e le comunicazioni tra il tuo gruppo e la base.
Ma ecco, quel ragazzo che ha postato la foto su Linkedin non l’hai incontrato, ma forse hai incrociato una sua amica? Forse hai visto una sua zia? O magari qualche cugino o fratello non maggiorenne? O forse uno zio o un nonno troppo vecchio per tenere un fucile in mano? Loro li hai incontrati e a loro hai dato la speranza. Questa è la mia lettera a quel soldato ucraino che non conosco, che non mi ha fatto pena, anzi, mi ha aperto gli occhi e con una foto mi ha detto che c’era bisogno di fare qualcosa, spero tu sia vivo e che Dio ti abbia protetto da ogni male.